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L’umanesimo pittorico di Roberto De Santis

Le stratigrafie di Roberto De Santis, artista per il quale la misura di tutte le cose è l’uomo, trascorrono dal passato ‒ con l’affioramento di tecniche consumate (buon fresco, olio, acquaforte) ‒ al presente ‒ con la sperimentazione dei più moderni supporti plastici (duri, molli, elastici, fosforescenti) e di cariche minerali o vegetali della terra di Sicilia ‒ in diaframmi apparenti che modulano l’intensità della luce e delle cromie in un vuoto attraversato dal reale.

La figura si imbeve dello spessore della materia e vi sprofonda concedendosi all’osservatore solo da uno speciale punto di vista e con una particolare condizione luminosa, che egli deve saper ricercare per essere appagato da quella misteriosa visione.

Le superfici tormentate, piene di lacerti tenuti insieme per miracolo da un reticolo di fibre organiche destinate inesorabilmente a deperire, diventano così metafora tragica di un’esistenza precaria. La serie di volti, le bizzarre illustrazioni zoologiche, provenienti da prototipi riesumati dalle cartelle dei lavori di un tempo, si caricano di una forza magnetica inaudita, capace di rivelare la verità dietro la finzione.