Digital – Michetti 74
Benvenuto nella pagina del Premio Digital Michetti. Scegli la tua opera preferita e vota compilando il form in fondo alla pagina.

FLAVIO FAVELLI
Firenze/Florence, 1967
Vive e lavora tra/He lives and works between Bologna e/and Savigno (BO)
Incontrare Favelli è come ritrovarsi sempre a casa. Flavio si circonda di presenze che parlano di una storia recente che ci riguarda tutti. Oggetti domestici, come vassoi in alluminio, lampadari con le gocce di cristallo, armadi in radica o sedie in formica: le sue opere profumano di casa dei nonni, restituiscono il calore dei pranzi della domenica, risuonano delle canzoni popolari dei film in bianco e nero degli anni Cinquanta. Eppure, Favelli non li recupera – in un personalissimo gesto ready-made – per il loro valore storico o sociologico. Li tratta come forme, come superfici da manipolare, a cui dare un nuovo senso. Smonta gli oggetti e li rimonta secondo un ordine diverso che spesso ha il sapore minimalista di geometrie pure, tinte di colori che le immergono in un vissuto personale e collettivo allo stesso tempo.
“Profondo Viola” è un progetto che nasce dal ritrovamento di una grande tenda che per decenni è stata rivolta al sole, dietro una vetrata. Il tessuto originariamente era blu, ma con l’esposizione alla luce ha virato in diversi colori e sfumature dal viola al rosa. Come in un processo fotografico, il tendaggio è stato sensibilizzato dalla luce solare che col tempo ha modellato ombre e pieghe fra i tessuti provocando un effetto irriproducibile. I segni visibili sul tessuto non sono stampati, ma letteralmente impressi. A prima vista la stoffa sembra ancora solcata dalle sue pieghe, ma in realtà all’interno della cornice è distesa, piatta, come un arazzo: come cicatrici, tatuaggi o stigmate, queste linee d’ombra non abbandoneranno mai la stoffa né potranno essere cancellate in alcun modo. Tra loro si erge una colonna di casse d’acqua in plastica. Anch’esse ci conducono immediatamente in una dimensione domestica di un’epoca trascorsa da poco, fanno parte di un immaginario collettivo che Favelli assembla e rielabora, comunicando soprattutto attraverso i colori che identificano certi materiali.
Profondo Viola, 2011 – tenda trovata con cornice / framed found curtain

SABRINA MEZZAQUI
Bologna, 1964
Vive e lavora a/She lives and works in Marzabotto (BO)
La delicatezza del lavoro di Sabrina risuona nella sua voce pacata, che modula parole scelte con cura e cesellate nel silenzio di una stanza. Vive e lavora a Marzabotto, un paesino della campagna bolognese, dove spesso coinvolge la comunità locale nella realizzazione delle sue opere. Nel 2019 ha attivato il Tavolo di Marzabotto, a metà tra un lavoro artistico e un collettivo di mani, occhi e menti che coltivano il piacere della creazione, mettendo insieme il contributo di diverse persone.
L’idea dei Quaderni di Adriano è venuta all’artista da una gita a Tivoli con visita a Villa Adriana, nell’ottobre 2014. L’anno dopo, per circa quindici mesi e 1340 ore di lavoro, ha coinvolto dieci signore del suo paese nella realizzazione di venti taccuini a quadretti, sui quali sono state riprodotte, riempiendo gli spazi a matita, le tessere a mosaico che disegnano in bianco e nero le decorazioni dei pavimenti degli Hospitalia, gli ambienti che l’Imperatore Adriano aveva destinato alle camere da letto dei pretoriani (la guardia del corpo dell’Imperatore). Girando le pagine, i quaderni compongono in perfetta corrispondenza il disegno a figure geometriche o floreali dei pavimenti, moltiplicando il processo di composizione di un’immagine attraverso l’accostamento di singoli elementi individuali. Adriano è un imperatore filosofo e poeta, che spesso nei suoi testi indaga la dimensione dell’individuo, consapevole di costituire una parte minima di un cosmo molto più grande. A queste riflessioni dedica diverse pagine Maguerite Yourcenar nel celebre volume “Memorie di Adriano”, dove immagina l’imperatore parlare in prima persona a Marco Aurelio, destinato a diventare anche lui un imperatore immerso nella poetica dello stoicismo. Nelle edizioni attuali il testo della Yourcenar è accompagnato dai “taccuini di appunti”: annotazioni, ricordi, lampi di vita, vicissitudini della scrittura, che raccontano com’è stata pensata, smarrita, composta e corretta l’opera, in un processo durato quasi trent’anni. Mezzaqui sembra immergersi in questo flusso di parole e idee che attraversano vite e generazioni, proponendo un mosaico di segni che ricostruisce il tempo con ineffabile leggerezza.
Autrici dei taccuini/Authors of the notebooks: Antonella Fiocchi, Antonella Mazzetti, Debora Domenichelli, Elisa Lavello, Fabrizia Paulucci, Francesca Papa, Grazia Bandini, Jo Lolli, Patrizia Picchietti, Rita Aldrovandi, Sabrina Mezzaqui.
I quaderni di Adriano, 2016 – 20 quaderni aperti, tavolo in legno e vetro + dvd slideshow/20 open notebooks, wood and glass table + dvd slideshow

SISSI DANIELA OLIVIERI
Bologna, 1977
Vive e lavora a/She lives and works in Bologna
Il lavoro di Daniela Olivieri, che dal 1999 ha scelto di associare al suo nome anagrafico anche quello di Sissi, è figlio di quelle ricerche che a partire dagli anni Sessanta hanno scelto il corpo come materia su cui intervenire. Fin dagli anni in cui frequenta l’Accademia di Belle Arti, l’artista ha elaborato una Anatomia parallela, in cui ogni elemento del nostro corpo viene trasfigurato attraverso una simbiosi con la botanica, nel tentativo di dare forma alle emozioni attraverso l’invenzione di organi fantastici. Sissi costruisce un’anatomia emotiva dove gli organi cavi, gli intrecci di vene e nervi, l’epidermide, danno luogo ad un linguaggio nuovo, del tutto personale, para-scientifico, in quanto composto da neologismi che evocano ipotesi meravigliose, dove la conoscenza scientifica si mescola con la fantasia.
In questo ambito si inseriscono le sue spine, realizzate attraverso la manipolazione di elementi di ceramica, plasmati attraverso le mani e sistemati uno sull’altro. «Lavorare la ceramica, l’argilla è per me una passione. – afferma Sissi – Mi dà il senso della creazione e dell’accettazione di quanto prodotto. Il manipolare ha in sé una forza trasformatrice, permette di lasciare tracce. L’argilla è un materiale neuro-compatibile, nella lavorazione le mani inviano stimoli diretti al cervello senza mediazioni, c’è molto istinto e azione.» Il movimento delle spine trasfigura questi elementi anatomici in elementi organici dotati di vita propria, protagonisti di involuzioni che comunicano aneliti esistenziali. L’abito, che l’artista stessa definisce “la nostra seconda pelle”, è ancora il prodotto di un intreccio di fili annodati dalle sue mani, alle prese con la realizzazione di una trama infinita.
Spina, 2020 – maiolica smaltata, telaio di ferro, maglia intrecciata con filo di viscosa/glazed majolica, iron frame, mesh woven with viscose thread

GIUSEPPE PIETRONIRO
Toronto, Canada, 1968
Vive e lavora a/He lives and works in Rome
Giuseppe Pietroniro realizza opere quasi imprendibili, in cui architetta di continuo uno scarto della visione, nel quale si inceppa il nostro sguardo. Frutto dello studio attendo dei fenomeni ottici, le sue linee accolgono aree di colore a cui il nostro occhio attribuisce volumi e profondità che l’artista gestisce come un burattinaio della prospettiva. Nel suo lavoro l’arte visiva e l’architettura diventano inscindibili, perché l’obiettivo è quello di sovvertire le regole con cui di solito percepiamo lo spazio in modo prevedibile. L’artista gioca con i principi della geometria piana e dell’ottica per spiazzarci e dimostrare che lo spazio è soltanto il risultato di una convenzione. Le sue superfici incrociano linee e colori che rimettono continuamente in discussione la nostra capacità di orientarci. Il pavimento, le pareti, il soffitto sono sempre gli stessi, eppure attraverso i segni dipinti e il nostro movimento cambiano posizione, la percezione muta di continuo. Troppo facile sarebbe evocare l’effetto barocco dell’anamorfosi, tecnica pittorica elaborata nel Seicento per stupire lo spettatore, capace di disegnare sui muri figure che cambiavano se viste di lato e di fronte. Le geometrie di Pietroniro collocano piuttosto la questione dello spazio in una dimensione esistenziale. L’artista si serve dell’accostamento sapiente dei colori, dell’inserto di materiali diversi, del passaggio inaspettato al bianco e nero per investigare la relazione tra lo sguardo e lo spazio, legati da un intreccio che appassiona gli artisti da migliaia di anni. La meraviglia nasce dall’impossibilità di cogliere l’ambiente da un solo punto di vista, generando una sottile sensazione di precarietà e vertigine.
Pietroniro è un falsario dello sguardo, un impostore, è capace di convincere che quello che presenta sia vero e oggettivo. Invece, il suo mondo è precario e, per questo, assai affascinante.
Stanza vuota con muro, 2023 – pasta acrilica indutriale/acrylic industrial pigment

DANIELE PUPPI
Pordenone, 1970
Vive e lavora tra/He lives and works between Roma e Pordenone
Daniele Puppi è un artista che non teme il confronto con la storia dell’arte. Anzi, proprio dall’arte e dal cinema del passato attinge spesso per elaborare immagini nuove che nascono dalla sottile manipolazione di dettagli, dal taglio e dalla ricomposizione di inquadrature montate secondo un ritmo preciso. Nel caso di Notturno ci troviamo di fronte ad un quadro: un paesaggio urbano tratto da una veduta colta dall’artista di fronte al suo studio. È in corso una tempesta di fulmini che illumina ad intervalli regolari il cielo plumbeo di nuvole: Puppi sembra aver semplicemente collocato una telecamera immobile sul piazzale e registrato quel temporale senza pioggia per un tempo infinito. A lungo andare, però, la scena si trasforma in un’esperienza ipnotica, in cui il fenomeno naturale comincia a rivelare qualcosa di sinistro, suscitando l’attesa per un evento che potrebbe accadere proprio nel momento in cui dovessimo allontanarci dall’immagine. Questo effetto inquietante non è prodotto semplicemente dal loop della ripresa, che torna sempre su sé stessa, ma da una serie di accorgimento tecnici, dovuti alla luce, al suo intervallo e al colore, che l’artista sa dissimulare sapientemente. C’è un tempo scandito in ogni lavoro di Puppi, un suono sordo o assordante che plasma la realtà, assorbendoci completamente in una nuova architettura del pensiero.
Di fronte a quest’opera diventa chiara la differenza tra la videoarte e il cinema: mentre il cinema mira al racconto di una storia, l’arte utilizza il video per creare una situazione e collocare lo spettatore in una condizione emotiva che si distacca dallo schermo e irrompe nello spazio, confondendosi con la vita.
Notturno, 2020 – ledwall, casse, sincronizzatore BrightSign, americane in ferro/led wall, loudspeakers, BrightSign synchronizer, iron trusses

LUISA RABBIA
Torino, 1970
Vive e lavora a/She lives and works in New York
Le opere di Luisa Rabbia non rappresentano figure, ma sono abitate da presenze ambigue, quasi delle apparizioni nate dall’intreccio misterioso di una favola gotica. Di fronte ai suoi dipinti ci accorgiamo di essere proiettati in un cosmo fatto di solitudini, precarietà psicologiche e ricordi che l’artista narra rimescolando piani sequenza diversi, fino a crearne uno nuovo, senza soluzione di continuità tra interno ed esterno, primo e secondo piano, senza un ordine cronologico preciso. Addentrandoci in questi suoi labirinti dello sguardo, ne risultiamo irretiti, come gli insetti caduti nella tela del ragno: l’enigma delle sue costruzioni è irresistibile, come il bagliore di quella trama. Tale è la sua maestria nello stendere l’inchiostro e il pastello – spesso servendosi anche delle impronte delle sue dita – che quelle forme antropomorfe sembrano letteralmente emergere da un’area di colore indistinta. Le tonalità sono applicate con una abile capacità di passare dai colori più chiari e sfumati, fino ai dettagli più precisi, in modo che la composizione risulti assai fluida e quasi capace di comporsi in totale autonomia. In questo senso, anche i titoli assumono un significato preciso: tra le figure si nasconde un intruso (o un’intrusa?), che spunta tra la selva di mani che abbracciano (o stringono?), su una superficie che mima una foresta appaiono forme alla fase embrionale (volti o germogli?) e segni che mimano presenze incantate. La Rabbia è una creatrice di mondi paralleli, dove un abbraccio perde la sua natura confortante e disegna un vuoto su una parete: perché l’inquietudine generata dal fascino è pari al piacere perverso prodotto dalla paura.
The Interloper (Il guastafeste), 2021-2022 – olio su lino
Courtesy Peter Blum Gallery, NYC

PIETRO RUFFO
Roma, 1978
Vive e lavora/He lives and works in a Roma
Ruffo è un esploratore della conoscenza. Il suo sguardo è puntato sul mondo, sulla storia, sui popoli del mondo che fanno la storia attraverso le idee, le migrazioni, i simboli studiati e raccontati dai ricercatori che hanno viaggiato il globo appuntando riflessioni e scoperte nei loro taccuini. Pietro li prende in prestito e ne fa arte, intrecciandoli senza pretendere di darne un’interpretazione filologica. Si muove all’interno della foresta del sapere tracciando segni sulla carta millimetrata che ha imparato a gestire fin dai suoi studi di Architettura.
In questo ultimo periodo sta affrontando il complesso universo dell’Antropocene, l’era presente caratterizzata dalla centralità dell’uomo, che determina con le sue scelte e i suoi interventi l’evoluzione dell’ambiente. L’opera di Ruffo diventa un invito ad immergerci nel territorio in cui viviamo, che abitiamo e sentiamo, l’ambiente naturale che si ribella all’eccessiva ingerenza umana e che l’uomo cerca sempre più di controllare e connotare. Il suo paesaggio rappresenta una sorta di enorme sipario in voile, leggero ed etereo, abitato da una foresta primordiale, archetipo del paesaggio naturale dal quale l’umanità proviene. Costruito in perfetta simmetria prospettica, accoglie una serie di quadri in cui la natura avvolge pagine di ricercatori del passato, ricche di appunti, classificazioni e note che trasformano questo panorama in una sorta di mondo interiore dove perdersi.
L’ultimo meraviglioso minuto/The last wonderful minute, 2023, inchiostro su voile, olio e intagli su carta intelata/ink on fabric, oil paint and cut outs on canvas paper

ARCANGELO SASSOLINO
Vicenza, 1967
Vive e lavora a/He lives and works in Vicenza
Sassolino mette di continuo in campo il rischio della distruzione, della cancellazione, dell’annientamento totale sia delle opere che dello spettatore. Costruisce meccanismi che prevedono la catastrofe, aprendo le porte al senso del dramma e della tragedia. Come in un’esperienza catartica dell’Antichità, siamo condotti a temere la lacerazione della nostra anima senza però mai giungere a sperimentarla. Arcangelo sa esattamente quando fermarsi, prima che tutto crolli irrimediabilmente. Conosce il limite, lo studia, lo ricerca nei dettagli per portarci fin sulla soglia, senza mai obbligarci a superarla. Il segreto sta nel suo approccio scientifico alla materia, che è la sua principale alleata.
«Concepisco la scultura come un lavoro sull’instabilità, sulla dissipazione, sui momenti di rottura e transizione. Mi interessa, soprattutto, catturare l’instante in cui qualcosa sta diventando altro da quello che è. Penso alla scultura non come ad un presente statico, ma piuttosto come un flusso di tempo, del suo essere incessante, ineluttabile e imprevedibile mutamento proprio come la vita stessa.»
Con queste parole Sassolino ci permette di entrare in contatto con la sua scultura, frutto di un gesto semplice e assai rischioso: flettere una lastra di vetro fino al punto immediatamente precedente alla sua rottura, tenendola in tensione grazie ad una fascia. Di fronte ai suoi lavori, viviamo la tensione dell’attesa, il momento che precede la deflagrazione di uno scoppio che non sappiamo se augurarci o allontanare da noi, il fascino irresistibile della tragedia.
Tempo piegato/Bent time, 2023 – vetro e acciaio/glass and iron

DONATELLA SPAZIANI
Ceprano (FR), 1970
Vive e lavora a/She lives and works in Roma
Il corpo come forma che si staglia nello spazio o su una superficie attraverso la sua ombra, il corpo che germoglia e si fa fiore, in una metamorfosi che profuma d’antico, il corpo che vive lo spazio e se ne appropria: questo è il processo che innesca la ricerca di Donatella Spaziani, che per il Premio Michetti 74 ha realizzato un’installazione ispirata alla Casa Natale di D’Annunzio. La carta da parati, il tappeto e le tende sono il frutto di una rielaborazione delle fantasie riconosciute in quella dimora dove echeggiano i primi anni di vita del Vate. I disegni geometrici che rivestono la camera da letto dove lui nacque, anticipata da quei “tre gradini d’altare” di cui parla nel celebre Notturno sono stati fotografati e moltiplicati dall’artista, il pavimento ha dato vita ad un tappeto, mentre altre sale sono campionate sulle altre pareti, in una sorta di sguardo d’insieme allestito in una stanza “tutta per sé”. Ma non è alla figura inafferrabile e vulcanica di D’Annunzio che guarda la Spaziani, piuttosto all’umore familiare e borghese che trasuda da quegli ambienti, raccolta al Museo Michetti in uno spazio nuovo, domestico ed universale al tempo stesso.
Tutto m’intenerisce e tutto mi ferisce/Everything softens me and everything huts me, 2023

NICO VASCELLARI
Vittorio Veneto (TV), 1976
Vive e lavora a Roma/He lives and works in Roma
Nico Vascellari prosegue la sua ricerca che indaga lo scambio di ruoli tra uomini e animali. Nel mettere in scena situazioni ambigue e spettacolari, l’artista prende spunto dalle tensioni presenti nella Natura. In questo caso ha preso ispirazione dalla tecnica utilizzata dai rangers per trasportare i rinoceronti nei luoghi di cura: dopo la loro sedazione, vengono appesi dalle gambe ad elicotteri che sorvolano le foreste. Vascellari ha spostato l’azione tra le montagne venete in cui è cresciuto, costruendo una situazione ai limiti del paradossale. La sua Visita Interiora Terrae, da cui l’acronimo che ha generato il titolo del lavoro, non è soltanto un vero e proprio viaggio sulla terra, ma un itinerario interiore che l’artista compie nei lunghi, sospesi, minuti di incoscienza. Una tensione portata al limite, che trova però una ricomposizione finale.
VIT, 2020 – HD Video