La vita è bella / mi uccido col dirvelo / dice il fiore / e muore. Negli struggenti versi di Jacques Prévert c’è tutta la forza e insieme il lirismo delle nature morte che Rita Vitali Rosati ha composto nel progetto La passiflora non è una passeggiata en plein air. Tra le più intense e drammatiche sono le fotografie dell’artista che vedono protagonisti fiori appassiti, dal gambo spezzato, che incarnano da sempre il concetto di caducità, un incanto effimero e dunque subitaneamente svanito, una serenità compromessa, soli nell’eloquenza laconica di un’atmosfera circonfusa di silenzio e immota sospensione. Ma questi oggetti vivi aggrediti dal tempo, ontologicamente corruttibili, di una fiamminga qualità tattile, dagli studiati, funerei cromatismi, non creano una melodica meditazione sulla morte nemmeno quando sono sospesi contro il vigore di giovani corpi senza volto, mute presenze fisiche fuori fuoco che non lasciano trapelare emozioni né sprigionano desiderio, giustapposti ad arti feriti e sanguinanti, confrontati con la malinconica delicatezza di spose dai bouquet avvizziti.
Digital Michetti
Rita Vitali Rosati, simulacri di una bellezza perduta
